12. Albo pretorio “storico” e accesso agli atti da parte dei consiglieri comunali

Gli amministratori lamentano la recente rimozione dal sito istituzionale dell’albo pretorio storico. La funzionalità era ritenuta utile ai fini della consultazione immediata degli atti adottati dall’ente. La richiesta deriva anche dalla constatazione che altri enti ne consentono liberamente l’accesso, senza limiti di tempo. Peraltro risulta che alcune importanti società che forniscono il servizio di protocollazione e archiviazione consentono la produzione di un elenco “storico” che contiene tutti gli atti. Come bisogna comportarsi?


Come è noto, la pubblicazione delle deliberazioni di Giunta e Consiglio è prevista dall’art. 124 del TUEL (dlgs 267/2000) che, al comma 1, prescrive: “Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all’albo pretorio, nella sede dell’ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”.

La disposizione fa esclusivamente riferimento agli obblighi di pubblicazione all’albo pretorio che, all’epoca dell’emanazione del provvedimento, rappresentava l’unica modalità di pubblicazione e assolveva la funzione di conferire “esecutività” agli atti, secondo quanto riportato nel successivo art. 134, comma 3.

Dal 1° gennaio 2010, inoltre, per effetto dell’entrata in vigore della legge 69/2009 (art.32) “gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati”, aggiungendo che“le pubblicazioni effettuate in forma cartacea non hanno effetto di pubblicità legale”.

Da ciò sono derivate una serie di circostanze che, oltre ad avere facilitato l’adempimento della prescrizione della pubblicazione, e consentito la più ampia consultazione hanno suggerito a ciascuna Amministrazione, in omaggio al principio della trasparenza, di sottrarsi alla rimozione degli atti dal sito istituzionale, una volta trascorsi 15 giorni, per consentirne la conoscenza e la consultazione senza limiti di accesso o di scadenza.

La costituzione di “albi pretori storici”, infatti ha consentito di rendere maggiormente diretto il rapporto tra cittadini e istituzioni e di promuovere la diffusione di sistemi di partecipazione e rendicontazione.

Tuttavia, tale forma di pubblicazione permanente, pur se orientata all’assolvimento di una giusta finalità, ha portato all’emersione di una problematica relativa alla “opportunità” di rendere pubblici atti che contengano informazioni di carattere personale, anche oltre i limiti che la legge prescrive ai fini dell’obbligatorietà nell’albo pretorio e in assenza di una disposizione che ne prevedesse la pubblicazione in altre sezioni del sito istituzionale.

Proprio in conseguenza di ciò, il 10 aprile del 2007, il Garante per la protezione dei dati personali ha emanato le “Linee guida in materia di trattamento di dati personali per finalità di pubblicazione e diffusione di atti e documenti di enti locali”, nelle quali si affermache “la pubblicazione e la divulgazione di atti e documenti determinano una “diffusione” di dati personali, comportando la conoscenza di dati da parte di un numero indeterminato di cittadini. L’interferenza nella sfera personale degli interessati che ne consegue è legittima, solo se la diffusione è prevista da una norma di legge o di regolamento (artt. 4, comma 1, lett. m), e 19, comma 3, del Codice).”

Peraltro, poiché non risulta emanata alcuna disposizione che preveda la pubblicazione permanente e indiscriminata dei provvedimenti, una volta decorso il tempo della loro inclusione nell’albo pretorio, l’applicazione del principio sopra riportato, ha condotto a ritenere legittima la richiesta di rimozione, dal sito istituzionale, degli atti contenenti dati personali.

Nello stesso provvedimento, infatti, il Garante afferma che “la forma di pubblicazione obbligatoria non autorizza, di per sé, a trasporre tutte le deliberazioni così pubblicate in una sezione del sito Internet dell’ente liberamente consultabile”.

Tale ultimo principio è stato meglio specificato con l’emanazione del decreto legislativo 33/2013 che nella versione attuale dell’articolo 7-bis, al comma 3, riporta quanto originariamente previsto dall’articolo 4:  “Le pubbliche amministrazioni possono disporrela pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l’obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento, nel rispetto dei limiti indicati dall’articolo 5-bis, procedendo alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti.”

Da ciò consegue, quindi, la possibilità per l’Ente di disporre la pubblicazione degli atti e dei provvedimenti, oltre la data di permanenza nell’albo pretorio, ma a condizione che sia disposta con atto avente valore regolamentaree che si provveda alla rimozione delle eventuali informazioni di carattere personale.

Certamente la seconda delle due prescrizioni può risultare onerosa e persino complessa nella sua attuazione, anche a causa della identificazione dei dati che debbano essere oscurati o rimossi, ma giova precisare che sono ormai numerose le situazioni di contenzioso che vedono privati e imprese rivendicare il “diritto all’oblio” e la conseguente rimozione delle proprie informazioni personali all’interno di un atto la cui pubblicazione si sia protratta oltre il tempo previsto dalla legge, ottenendo, sia ragione delle posizioni rivendicate, sia il risarcimento del danno.

Sia chiaro, con riferimento alla quesito di codesto ente, che ciò non impedisce all’ente di istituire, all’interno del proprio sito istituzionale, una specifica sezione di “albo pretorio storico”, il cui accesso, però sia limitato agli utenti della “intranet”, oltre che agli amministratori,  mediante l’utilizzo di una password.

A tal riguardo, il Ministero dell’Interno, già con parere del 16 luglio 2009, affermava che “la giurisprudenza amministrativa si è ormai consolidata nel senso dell’accessibilità dei consiglieri comunali a tutti i documenti amministrativi, in virtù del munus agli stessi affidato, essendo riferito all’espletamento del mandato, in tutte le sue potenziali implicazioni al fine di una compiuta valutazione della correttezza e dell’efficacia dell’operato dell’amministrazione comunale’. Da ciò la conseguenza, che è una conseguenza necessitata, che al consigliere comunale non può essere opposto alcun diniego ( salvo i pochi eccezionali e contingenti, da motivare puntualmente e adeguatamente, e salvo il caso – da dimostrare – che lo stesso agisca per interesse personale), determinandosi altrimenti un illegittimo ostacolo al concreto esercizio della sua funzione, che è quella di verificare che il Sindaco e la Giunta municipale esercitino correttamente la loro funzione’.

E aggiunge che al consigliere comunale “è consentito prendere visione del protocollo generale senza alcuna esclusione ‘di oggetti e notizie riservate e di materie coperte da segreto’, posto che i consiglieri comunali sono comunque tenuti al segreto ai sensi del più volte citato articolo 43.”

Peraltro, l’utilizzo dell’accesso in forma telematica, risolve la questione relativa agli eventuali “ostacoli all’attività amministrativa” che possa derivare dalla consultazione nella forma tradizionale della richiesta di accesso agli atti che, in diverse occasioni ha giustificato la limitazione dell’accesso.

sf

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