Organizzare o funzionare?*
La domanda appartiene a quella categoria a cui non è opportuno rispondere, perché suppone una contrapposizione tra i due termini. In un sistema razionale, infatti, l’organizzazione dovrebbe essere finalizzata al funzionamento. E’ per questa ragione che si progettano “modelli organizzativi”, che si definiscono procedure, che si adottano prescrizioni e adempimenti. Tuttavia, non possiamo nascondere che, in ogni organizzazione, la stessa domanda si presenta sotto forma di dilemma. La prima ragione e la più elementare di questa contrapposizione risiede nel fatto che, di solito, chi si assume il compito di organizzare, non ha compiti operativi e qualche volta nemmeno direttivi. Certamente la funzione organizzativa richiede una visione “sistemica” e non può essere affidata a ciascun operatore. Ed è pur vero che le istanze di ciascuno, prese singolarmente, difficilmente possono tradursi in interventi organizzativi utili a tutti e certamente sono connotati da una visione personale. Ma ciò non vuol dire che la “visione sistemica” possa essere affidata a un soggetto estraneo alla linea operativa, con la pretesa di disegnare architetture organizzative che risultino perfette soltanto nei manuali, ma che si traducono poco attinenti rispetto al contesto. Come si usa dire, infatti: “tra teoria e pratica non c’è alcuna differenza, in teoria, ma in pratica sì”. Se l’obiettivo di ogni sistema è quello di “funzionare”, qualsiasi azione deve essere finalizzata alla facilitazione dei processi diretti al conseguimento del risultato. Anche le scelte organizzative debbono soddisfare questa finalità. Altrimenti, oltre a risultare “non funzionali”, si producono conseguenze che si rilevano dannose per lo stesso sistema organizzativo. Le regole, infatti, hanno lo scopo di orientare i comportamenti e le relazioni verso la condivisione del fine. Se sono avvertite come razionali e funzionali, vengono rispettate, intendendole utili e necessarie al conseguimento delle finalità istituzionali, fino a condividerle come prassi la cui violazione viene intesa come inefficienza. Se, invece, l’attività lavorativa viene regolata con l’immissione di prescrizioni che non risultino funzionali o che abbiano persino l’effetto di rallentare o appesantire l’operatività o di cui non si comprenda l’utilità, si causa l’insorgenza di reazioni che hanno come conseguenza il senso di distacco, la demotivazione o persino la disaffezione. Ogni organizzazione, infatti, è un sistema sociale e funziona solo nella misura in cui riesce a produrre il coinvolgimento dei suoi operatori verso il conseguimento di un valore comune (che è molto più di un semplice “risultato” misurabile). Organizzare, dunque, vuol dire creare quelle condizioni che riescono a legare i tre elementi che caratterizzano ogni sistema: Le regole, i comportamenti e i fini. Se questi tre elementi sono allineati tra di loro, la nostra organizzazione è funzionale. In caso contrario si produce una frattura tra “organizzazione formale” e “organizzazione reale”.
*) articolo pubblicato su Italia Oggi del 7 dicembre 2018